Il film più unico, epico, sperimentale di Johnnie To
Titolo originale: Chan sam ying hung
Regia: Johnnie To
Cast: Leon Lai : Jack
Ching Wan Lau : Martin (as Lau Ching Wan)
Fiona Leung : Fiona, Martin's Girlfriend
YoYo Mung :Yoyo, Jack's Girlfriend
Genere: action/crime
Anno di Uscita: 1998
Durata: 86 min. ca.
http://www.imdb.com/title/tt0176809/
Jack and Martin are members of rival Chinese triads in the middle of a gang war. Both of their gang leaders like to get advice from a fortune teller living in Thailand. On one such trip, Martin's gang ambushes Jack's at a Thai hotel. There is a spectacular shootout, in which both Martin and Jack are severely wounded. The leader of Jack's gang was at the hotel, unlike Martin's, and escapes. Afterwards, both gang leaders, Mr. Fong of Martin's and Mr. Yam of Jack's, go to a general and make peace. Meanwhile, both Jack and Martin are hospitalized. Martin's legs are amputated, and his girlfriend whores herself in order to get them back into Hong Kong...
[Jack (Leon Lai) e Martin (Lau Ching-wan) sono i killer di due boss rivali. Il destino li ha messi l'uno contro l'altro, ma non ha impedito ai due di diventare amici. Quando i boss stringono un'alleanza decidono di sbarazzarsi dei due killer: sembra la fine di Jack e Martin, ma gli eroi non muoiono mai.
Forse la summa della poetica di Johnnie To, A Hero Never Dies incarna nel più flamboyant dei modi la sua elaborazione, personale e arricchita, dell'epos eroico di John Woo (e per traslato di Peckinpah); dove l'estetica Milkyway (la società di produzione di To), sin qui alla pervicace ricerca di una via nuova e più vera per ridare linfa alla tradizione noir di Hong Kong, si trasforma in erede della tradizione stessa. Con A Hero Never Dies lo stile Milkyway come fin lì inteso smette di esistere, mentre noir e melò trovano un impossibile punto di congiunzione tra luci al neon, pistole e lacrime.
In fondo A Hero Never Dies è oggetto altro rispetto allo stile della compagnia, ma rimane un unicum anche per lo stesso Johnnie To: il suo film più ambizioso, epico, sentimentale, finanche barocco. To sembra voler scrivere il Noir definitivo di Hong Kong e per farlo altera il suo stile, contaminandolo con il miglior cinema americano, circondandosi di neon alla Wong Kar-wai – Leon Lai era il killer di Angeli perduti - ma soprattutto di ralenti e struggenti killer immortali figli dell'epica di John Woo. Jack e Martin sono figli dei Dumbo e Topolino di The Killer, amici e rivali, uguali ma contrari, divisi dall'appartenenza a gang rivali, ma accomunati dal rispetto reciproco e dal comune sentire di fronte alle sporche faccende della vita. E della Morte, presenza ossessiva che è come se sedesse al fianco dei due eroi, incombendo sul loro futuro. Le sequenze in cui Jack e Martin si ritrovano in quel bar, che pare ai confini del tempo e dello spazio, sono tinte di surreale, sembrano già sospese nel mito, come se i due fossero archetipi che abitano una dimensione parallela, in cui tutto è possibile e in cui le barriere imposte da sgradevoli fattori esterni possono essere abbattute. Forse c'è del compiacimento in To, ma forse è solo volontà di condividere con il suo pubblico il troppo amore per personaggi larger than life. Icone così al di sopra delle righe da sfidare anche l'ultimo ostacolo dell'uomo, quello definitivo e insormontabile, per trasfigurarsi in leggenda di carne, come confermano il chiacchiericcio finale del bar dove si suona sempre Sukiyaki e quella bottiglia di vino che non verrà mai aperta. Riprendendo quel che diceva John Ford in Liberty Valance su Eroi e Leggenda (o loro celebrazione). Impossibile (ri)vederlo senza che gli occhi si gonfino di lacrime
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